giovedì 23 dicembre 2010

Racconto in esclusiva pe

Pubblico ora, ma solo perché siamo sotto natale e sono tutti più buoni, compresa me, un mio racconto creato poco tempo fa per il corso che sto seguendo alla scuola Holden di Torino.

NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

di Giulia Fiore

Intelligenza,...niente ha procurato più guai alla razza umana che l’intelligenza” la voce di Thelma Ritter proveniente dalla tv risuona nella stanza di una ordinaria vecchietta. Proprio ordinaria non direi. Agata era cresciuta in una famiglia normale sì, ma dal nulla era diventata anormale, paranoica. Da un giorno all’altro si era ritrovata ad avere le più svariate malattie esistenti al mondo e fobie di ogni tipo: aracnofobia, sociofobia, aerofobia, emetofobia, brontofobia, carcinofobia, necrofobia, ma soprattutto agorafobia. Timorata dal mondo decise di rifugiarsi in casa, unico luogo da lei considerato sicuro, e di non mettere più piede fuori dal suo piccolo appartamento. Inutile dirlo, non aveva avuto figli, ed era rimasta sola con se stessa e le sue fobie. La gente del palazzo pensava che nessuno vivesse in nell’appartamento 4B del quinto piano, si era creata addirittura la leggenda che vi abitasse un fantasma, ma i pochi inquilini anziani ribattevano dicendo che ci abitasse una persona pazza e squilibrata. Ma quando gli veniva chiesto che aspetto ella avesse, questi rispondevano di non ricordarselo, talmente tanto tempo era passato dall’ultima volta che quella donna aveva messo piede fuori dall’uscio. Ed eccoci qua nella sua casa, Agata trascorre tutte le sue giornate allo stesso modo: si alza, fa colazione con latte e biscotti, fa le parole crociate per due ore e poi accende la televisione. Si può dire che la televisione sia stata la sua migliore amica da quando decise di non uscire più di casa. Era arrivata a sapere a memoria tutte le programmazioni dei vari canali meglio di una guida tivù. Guardava un po’ di tutto, dalle soap ai telegiornali, dai cartoni ai dibattiti politici, ma sotto sotto Agata amava i film d’azione, quelli di Sergio Leone in particolare, che le ricordavano il tempo trascorso con suo padre prima che morisse. Di tanto in tanto, tra un film di Sergio Leone ed una commedia romantica alla tv, veniva trovarla la vecchietta del primo piano Ernestina, che essendo vicino al portone, era al corrente dei movimenti di tutti quelli della zona, meglio di un agente investigativo. Era un giovedì mattina quando Ernestina le disse cosa aveva visto: << L’altro giorno ho visto arrivare una coppia stranissima, un uomo ed una donna, lei aveva i capelli blu!>>. <<Blu!>> ripeteva scioccata Agata. <<Si sono trasferiti al 3A nel palazzo di fronte, e stavano portando tantissime borse nere, sai, come quelle che si vedono nelle rapine, mi chiedo cosa ci sia dentro>>. <<Niente valigie?>> chiese curiosa Agata. Quella rispose di no e continuò a sorseggiare il suo thé. Non parlarono più degli inquilini del 3A, sebbene la mente di Agata ritornasse più volte su quel appartamento. Agata si sforzò di non pensarci, ma quando la sua amica se ne andò, involontariamente passò sempre di più di fronte a quella finestra che dava sul cortile e faceva intravedere le finestre del misterioso appartamento. Spinta dalla curiosità che si ha soprattutto a quell’età, decise che quel pomeriggio non avrebbe guardato la sua soap preferita, invece avrebbe ricamato davanti a quella finestra dando di tanto in tanto una fugace occhiatina fuori. Erano quasi le cinque del pomeriggio quando tra una sferruzzata ed un’altra vide due sagome, quella di un uomo e di una donna, portare altrettante borse nere nell’appartamento. Agata seguì con gli occhi il loro cammino, lasciando perdere per qualche secondo la maglia. La luce dell’appartamento si accese, e benché all’inizio non sembrasse esserci nessuno, poco dopo gli occhi di Agata si spalancarono per lo stupore. Aveva visto qualcosa, qualcosa di raccapricciante e spaventoso. Le due sagome avevano iniziato quella che sembrava far pensare ad una feroce litigata, prima c’erano stati degli spintoni, poi degli schiaffi, finché l’uomo non aveva preso un coltello e colpito la donna vicino al collo. Agata fece cadere la maglia per terra e corse in bagno. Era spaventata, le sue mani tremavano, non avrebbe dovuto vedere una scena del genere alla sua età, vedere un omicidio in diretta non avrebbe fatto di certo bene ai suoi nervi. Si bagnò la faccia con un po’ di acqua gelata e si guardò allo specchio. Cosa avrebbe dovuto fare ora? Avvertire qualcuno certo, ma chi? Su suggerimento di una puntata di CSI decise di chiamare la polizia. <<Si? Caporale Farina, chi parla e qual’è il suo problema?Se siete fermi in ascensore per favore chiami i pompieri>> rispose una voce fiebile ed annoiata. <<Ho visto un omicidio, nel palazzo di fronte a casa mia, fate venire qualcuno subito! Ci saranno da raccogliere gli indizi sulla scena del delitto>>. <<Scusi, lei ha visto cosa? Come si chiama?>> << Ho visto un omicidio le ripeto, un uomo ha ammazzato una donna. Sono Agata ed abito al 4B di via delle gaggie>> Il caporale riconobbe subito l’appartamento della leggenda, e credendo come tutti che la signora fosse pazza la liquidò dicendole di non preoccuparsi. <<Resti in casa>> le disse facendo seguire una fragorosa risata. Agata chiuse il telefono scocciata. Evidentemente non l’avevano presa sul serio e quel caporale si era rivelato un vero idiota. Non si dette per vinta, e tornò a guardare fuori dalla finestra. Ora l’appartamento era avvolto nell’oscurità, era chiaro che l’assassino fosse uscito, magari per liberarsi del cadavere pensò. Agata era sempre di più nel panico, passava le ore mangiandosi le poche unghie che le erano rimaste, respirando affannosamente e facendo avanti e indietro dal bagno prima per vomitare e poi per improvvisi attacchi di diarrea. Non dormì quella notte per paura che l’assassino l’avesse vista e che la venisse a cercare come aveva visto fare nel film di Hitchcock. O almeno così era convinta lei.

Si era addormentata da pochi minuti quando un rumore la riportò alla realtà. Era mattina e qualcuno sembrava forzare la serratura per entrare in casa sua. Perché l’assassino avrebbe dovuto assalirla alla luce del sole? Forse aveva intuito che non avesse chiuso occhio tutta la notte? Cercò di non farsi prendere dal panico, corse in camera, rovistò nell’armadio e prese la prima cosa che trovò: una vecchia mazza da baseball. “E questa da dove viene fuori?” si chiese stupita che un simile oggetto bizzarro si trovasse nel suo armadio. Chiunque fosse ci stava mettendo troppo ad aprire la porta, e fu allora che decise di coglierlo alla sprovvista. Non appena la porta si aprì lo colpì in testa con la mazza talmente forte che questo si accasciò al suolo inerme. Agata fece un sospiro di sollievo, poi guardò per terra. <<Oddio>> disse <<cos’ho fatto?>>. Dal momento che aveva deciso di non uscire più di casa, aveva trovato un ragazzotto del palazzo che ogni giovedì le portava la spesa a casa, e lei lo ripagava con qualche soldino. Quello stesso ragazzo proprio ora era steso sul pavimento di casa sua. Agata gli rovecchiò un bicchiere d’acqua in faccia ed il ragazzo si svegliò ansimando. <<Signora Agata>> disse ancora frastornato <<come mai ha una mazza da baseball?>> Andrew non era un ragazzo normale, lo si poteva capire da come si vestiva, a volte portava delle strane tuniche, blaterando qualcosa in una lingua che lui diceva essere vulcaniano, oppure andava in giro con delle protesi che rendevano le sue orecchie a punta. Insomma Andrew era un vero e proprio nerd, amava i fumetti, i giochi di ruolo e i film di fantascienza. Non era normale appunto, e prima di chiedersi perché la vecchietta lo avesse colpito, il suo sguardo fu attirato dalla mazza da baseball. Agata rispose che la mazza era stato un regalo di qualcuno che ora la sua memoria non riusciva a ricordare. <<Non è una mazza normale, è autografata da Joe Di Maggio dei New York Yankees! Aspetti un attimo, lei mi ha colpito! Mi ha colpito in testa!>>disse subito dopo. Agata gli raccontò cosa aveva visto la notte prima, Andrew rimase sorpreso e senza ombra di dubbio ci credette. Era appassionato talmente tanto dai supereroi e le loro storie d’avventura che era fissato con il fare la cosa giusta continuamente, anche nelle situazioni sbagliate. E questa era una di quelle. <<Bisogna andare a cercare delle prove, così la polizia ci crederà!>>esclamava Andrew, mentre Agata annuiva. Dopo qualche minuto decisero che uno di loro avrebbe dovuto intrufolarsi in qualche modo nell’appartamento per cogliere le prove del delitto. Alla fine toccò ad Andrew, anche se all’inizio il ragazzo aveva una paura matta, ma le argomentazioni di Agata erano molto convincenti: ginocchia forti, gambe robuste, occhi da falco, e la sua intraprendenza tipica della gioventù. Agata gli offrì persino la mazza da baseball come protezione nel caso qualcuno l’avesse assalito. Non appena il ragazzo fu uscito Agata si posizionò dietro alla finestra in attesa di seguire i suoi movimenti. Lo vide attraversare il cortile e poi sparire nel palazzo. Rimase in attesa del suo ritorno per ben due ore. Era entrata nuavamente nel panico, aveva vomitato, ingurgitato un litro e mezzo d’acqua e tirato la catenella del water almeno dieci volte. Qualcuno lo ha scoperto, o magari ucciso!” pensava tra sé Agata, infondo c’era sempre un killer a piede libero che si aggirava nel quartiere. Sì, era sicuramente andata così. Ma la realtà era ben diversa da come la mente di Agata si era immaginata. Infatti non appena Andrew salì le scale per recarsi al 3A, incrociò una sua compagna di scuola di cui lui era follemente innamorato. Questa le chiese come mai fosse lì, e lui accampò una scusa. Gli chiese poi se volesse fare colazione insieme a lei, dal momento che sua madre aveva fatto una buonissima torta al cioccolato. Andrew non se lo fece ripetere due volte, mollò la mazza sulle scale, e la seguì, perso nei suoi occhi blu, dimenticandosi completamente di Agata e dell’omicidio. Questa volta l’amore aveva giocato un brutto scherzo. Agata dopo aver aspettato ore, aver consumato la carta igienica e purificato il suo intenstino, decise di uscire affrontando di petto le sue fobie. Dopotutto aveva condannato a morte un ragazzo! Si mise addosso una giacca ed afferrò una padella, ed in men che non si dica varcò l’uscio. Arrivata al portone si chiese come avrebbe fatto mai ad entrare nell’appartamento, poi le venne un’idea. Certo, si erano appena trasferiti e nessuno l’aveva mai vista, così chiese al portiere di farsi aprire la porta dal momento che fosse la madre di uno dei nuovi inquilini. Varcò la soglia ed entrò ancora di più nel panico: il tappeto era macchiato di sangue. Inoltre eesendo sorda ed avendo dimenticato di metter l’apparecchio per l’udito, non si accorse che qualcuno era entrato alle sue spalle dalla porta. Questi le mise una mano sulla spalla , ma Agata presa dal panico, lo colpì con la padella sulla testa, e questi cadde svenuto. Tremante di paura Agata fece pochi passi all’indietro, cercando di raggiungere la porta, quando accidentalmente urtò la portiera di un armadio, da cui uscì uno scheletro. Inutile dirlo, Agata urlò, ma urlò talmente tanto forte che addirittutra Andrew la sentì, improvvisamente si ricordò tutto, e corse su verso l’appartamento. Intanto dalla porta del bagno comparve una donna con un coltello conficcato in testa e coperta di sangue. Venne verso Agata con le braccia stese in avanti, ma questa spaventata dalla visione cadde per terra priva di sensi, proprio mentre Andrew faceva il suo ingresso nell’appartamento. I nervi di Agata avevano ceduto, questo era stato troppo, decisamente troppo per lei.

Agata si ritrovò distesa sul divano di casa sua quando riaprì gli occhi, per qualche momento si sentì sollevata, credendo di aver sognato tutto, poi sussultò. Davanti a lei Andrew era seduto accanto all’uomo ed alla donna con il coltello in testa. << Si calmi signora Agata>> disse Andrew << c’è stato un malinteso, nessuno è morto>>. <<Siamo due artisti signora, ieri sera stavamo girando una scena di un film>> cercò di spiergarle l’uomo. <<Le chiedo scusa per averla spaventata, ma non mi ero ancora tolta il trucco di scena, sa com’è, ci metto ore a farmelo>> intervenne l’altra inquilina. <<Io l’ho capito subito, ho visto il marchio del film!>> disse fierò di sé Andrew << Non capisce? Si è immaginata tutto Agata!>>.

Agata per la prima volta dopo tanto tempo scoppiò a ridere con una risata fragorosa tanto da coinvolgere anche gli altri. “Ecco cosa succede a farsi prendere dal panico ed ha vedere troppi film” pensò tra sé e sé. Dopo quell’avventura decise che sarebbe uscita d’ora in poi, e che per un po’ di tempo, molto tempo, non avrebbe più acceso la televisione, che aveva appurato sulla sua pelle, era capace di fare il lavaggio del cervello a chiunque, anche ad una tipa sveglia ed attenta come lei.




4 commenti:

  1. C'è un regalo per te sul peccato veniale!

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  3. stupendo! il blog lo stò sfogliando ora con interesse e mi sono aggiunto ai tuoi lettori, davvero meritevole!
    mi piace già dal titolo :)

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  4. molto bello il titolo di questo blog

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